Intervista Al Vice Capitano Ferrazza: La Nazionale, L’Hockey In Carrozzina, La Passione Per La Legge

25 anni, sorridente, laureato in Giurisprudenza e sportivo: l’identikit di Marco Ferrazza, Vice Capitano della Nazionale Italiana di Hockey in Carrozzina pronta a scendere in campo per i Mondiali di Powerchair Hockey che si disputeranno a Lignano Sabbiadoro dal 24 settembre al 1° ottobre 2018.   

Marco si racconta racconta ai microfoni del NeMO Pediatrico di Roma, un luogo che per lui è casa. Luogo in cui è cresciuto, dove si sente accolto, compreso e seguito.

ITALY_FERRAZZA_MARCO_PLAYERDue passioni hanno un ruolo importante nella tua vita: la Legge e lo Sport. Iniziamo a parlare della prima?

Quando ero piccolo parlavo tantissimo e tutti dicevano che da grande sarei diventato avvocato. Sono cresciuto e ho continuato a parlare tanto, ma ho anche capito che l’ambito legale era davvero quello che faceva per me. Mi piace studiare i procedimenti, scoprire cosa sta dietro ad ogni cosa, collegare i pezzi di un puzzle. La mia curiosità mi spinge a cercare risposte e credo che questi elementi rientrino molto nella professione del magistrato. É così che ho preso la laurea in Giurisprudenza l’anno scorso e ora sto seguendo il corso di preparazione per il concorso in magistratura: sarà un lungo e interessante percorso, ma ne vale davvero la pena. 

E la passione per lo sport quando è arrivata?

Anche la passione per lo sport mi accompagna da quando ero piccolo. Ho sempre adorato il calcio, tifoso appassionato della Roma e completamente innamorato di Francesco Totti, non a caso nella mia squadra sono il numero 10. Con i miei compagni di scuola avevamo trovato le nostre tattiche per giocare a calcio tutti insieme, ma ero alla ricerca di uno sport che fosse compatibile con la patologia con la quale convivo: l’atrofia muscolare spinale. Mia madre si è adoperata tantissimo nella ricerca di uno sport che andasse bene per me e poi un giorno è arrivato.

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Questo sport ha realmente bussato alla tua porta, giusto?

Esatto! Ha bussato alla porta di casa perché un giorno, quando avevo 8 anni, l’allenatore e il capitano della mia squadra Thunder Roma sono venuti a parlarmi di hockey in carrozzina. Ascoltavo attentamente le loro parole, la descrizione di quello che avrei potuto e dovuto fare. Questo sport forte e di contatto: un’idea che terrorizzava mamma ed entusiasmava me. Quell’entusiasmo ha avuto la meglio e mi ha portato fin qui.

Pratichi l’hockey in carrozzina ormai da 17 anni, ci descrivi questa attività sportiva?

L’hockey in carrozzina è nato in Olanda negli anni 80 ed è arrivato in Italia negli anni 90 grazie alla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Praticandolo da così tanto tempo ho avuto l’opportunità di vederlo crescere e cambiare: ho visto la sua evoluzione nei mezzi, nella tattica e nei numeri. Oggi, solo in Italia, ci sono quasi 30 squadre di hockey in carrozzina suddivise in A1 e A2. È un sport per tutti perché è praticabile da donne e uomini di diverse fasce di età dai 6 fino ai 60 anni. La gara viene disputata al chiuso e su carrozzina elettrica da due squadre composte da cinque giocatori ciascuna (un portiere e quattro giocatori di movimento). L’hockey in carrozzina coinvolge sia i ragazzi che riescono a colpire la pallina utilizzando il braccio con una mazza in materiale plastico, sia coloro che possono solo azionare il comando della carrozzina: sulle pedane viene applicato uno stick che permette di indirizzare la palla. Lo scopo di ognuna delle due squadre è quello di fare gol facendo passare la pallina oltre la linea di porta avversaria. La gara si divide in 4 tempi di gioco da 10 minuti ciascuno: la squadra vincente è quella che realizza il maggior numero di punti alla fine del 4° periodo di gioco. Se la gara termina in parità dopo i tempi regolamentari, si procede con due tempi supplementari e se necessario con una serie di rigori. 

E a te è mai capitato di vivere l’esperienza dei rigori?

Sì! La parola “rigore” mi riporta a uno dei momenti più belli della mia esperienza sportiva. Avevo 12 anni, eravamo in campo nella finale del campionato A1: andammo ai rigori e segnai io con lo stick. Urla e applausi intorno a me perché quel gol ci portò lo scudetto. E non solo, a me portò anche l’ingresso in nazionale.

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Cosa vuol dire essere parte della nazionale?

Vuol dire tanto. L’esperienza in nazionale mi ha fatto crescere sicuramente come sportivo, ma ancor di più come persona. Il confronto con altre squadre del mondo, l’idea di essere parte di una realtà globale senza barriere sono elementi che arricchiscono e che ti fanno capire che tutto è possibile se ci si impegna. Ora sento forte l’emozione e la responsabilità dei mondiali che quest’anno giochiamo in casa: siamo pronti e impazienti di scendere in campo! 

Se dovessi entrare tu, oggi, in casa di un bambino di 8 anni cosa diresti a lui e ai suoi genitori per coinvolgerlo a praticare l’hockey in carrozzina?

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Parlerei con entusiasmo e consapevolezza di un’esperienza principalmente di vita. Praticare questo tipo di sport aiuta il bambino a stare meglio fisicamente ed emotivamente. Il bambino ha la possibilità di relazionarsi con un gruppo, di viaggiare, mettersi alla prova. Impara a godere delle vittorie e a comprendere e accettare le sconfitte. Si diverte. E questo percorso di esperienze viene vissuto anche dalla famiglia: un percorso positivo e costruttivo.

In bocca al lupo a Marco e a tutti i componenti della nostra splendida nazionale di Hockey in Carrozzina! 

Per entrare in contatto con Marco e la Thunder Roma basta scrivere a: ASDTHUNDERROMA@GMAIL.COM o Facebook ASD THUNDER ROMA ONLUS

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